sabato 7 marzo 2009

Gli esuli a volte ritornano

di Ilvo Diamanti

(da "Repubblica" del 4.3.09)

Venire definiti e definirsi "esuli" può servire a dichiarare il desiderio - e il diritto - di tornare. Di rientrare in patria. Non tanto nel Pd: ma nella società civile. D'altra parte, come scrive un lettore: "Oggi sono trasparente ai sondaggi ma aspetto di poter votare e di sicuro esprimerò il mio voto". Questo è un altro aspetto che ricorre in alcuni messaggi: solo una quota limitata degli esuli è fatta di astensionisti patologici. Pochi, peraltro, hanno cambiato voto, a favore dell'IdV. In maggioranza sono, invece, votanti "potenziali". Potrebbero votare ancora. Alcuni lo faranno di certo. Come annota un altro (e)lettore: "Il quadro degli ex-democratici descrive alla perfezione ciò che provo io (...) in questo periodo. L'unica cosa che faccio di diverso è votare ancora per il PD, tanto per arginare un po' la frana. Ma senza speranza. Il cuore però è sempre pronto a risollevarsi, nessun fuoco sul camino è mai completamente spento. Si deve solo soffiare sotto nel posto giusto" (...)
Alle elezioni del 2006 lo schieramento di centrosinistra, l'Unione, conquistò la maggioranza. O forse no: pareggiò. Ciò significa, però, che in quel referendum pro o contro Berlusconi - come avviene in ogni elezioni dal 1994 ad oggi - metà del paese, di questo paese votò contro. E che metà degli italiani è, quindi, "potenzialmente" all'opposizione. Metà. Oggi, se i sondaggi dicessero il vero - e spesso non è così - le forze di opposizione, tutte insieme, raggiungerebbero il 35-37%: 13 punti percentuali e circa 5 milioni di voti in meno. In questa cifra il problema. Il vuoto, ma anche lo spazio intorno a chi vorrebbe un'Italia politica (e non solo politica) diversa. (...)
In passato, nella prima Repubblica - e per quasi cinquant'anni - il 40% dei cittadini è stato all'opposizione senza possibilità di diventare maggioranza. Ma senza mai sentirsi straniera. E senza mai perdere la speranza. Allora, però, i partiti offrivano valori, identità, organizzazione, socializzazione. E ciò garantiva appartenenza, senso. Cittadinanza. Oggi non è più così. Anche se non si può dire che gli elettori del Pd non abbiano espresso il lor sostegno a questo progetto. Visto il risultato elettorale di un anno fa. Vista la grande partecipazione che ha caratterizzato le primarie. Semmai, il problema sta nello scarto fra un investimento tanto generoso e una risposta altrettanto povera. Da ciò la delusione, la secessione silenziosa. Per ri-conquistare gli esuli, i gruppi dirigenti del Pd dovrebbero rinunciare ai giochi di palazzo, a parlar di se stessi per "parlare nuovamente alle persone", come ha scritto Michele Serra. "Basterebbe una politica copiata da un noto estremista. Barack Obama", conclude un altro lettore. Ma forse anche meno. Una politica.

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